Moon June records: da New York direzione mondo – Pasar Klewer, Zentuary, Mata Hati (Reviews in Italy)
Se si dovesse cercare, in campo jazz e rock un’etichetta che rappresenti nel modo più pieno la tendenza alla globalizzazione, sarebbe ben difficile fare a meno di citare la Moon June records. La label con base a New York, ma aperta a musicisti di tutto il mondo, negli ultimi anni ha radunato artisti dalle provenienze più disparate, prodotto decine di lavori discografici e sessions dal vivo.
Moon June recordsSe si dovesse cercare, in campo jazz e rock un’etichetta che rappresenti nel modo più pieno la tendenza alla globalizzazione, sarebbe ben difficile fare a meno di citare la Moon June records. La label con base a New York, ma aperta a musicisti di tutto il mondo, negli ultimi anni ha radunato artisti dalle provenienze più disparate, prodotto decine di lavori discografici e sessions dal vivo, con l’intento di abbattere le barriere fra generi ed etnie, e creare musica che scaturisce sempre da inediti incontri.
Il suo creatore, Leonardo Pavkovic tour manager ed infaticabile scopritore di talenti, partendo dall’ evidente omaggio agli amati Soft Machine nel marchio, ha consolidato, in quindici anni, un catalogo ad ampio spettro che spazia da maestri della fusion come Allan Holdswoth a jazzisti come Elton Dean, dalla band dark prog “Stick men”, dei crimsoniani Tony Levin e Pat Mastellotto con Markus Reuter, fino ad epigoni delle più gloriose stagioni progressive come i nostrani Arti e Mestieri, e ad uno sperimentatore del tutto sui generis come il vocalist lombardo Boris Savoldelli. Negli ultimi tempi il radar di Pavkovic si è rivolto in particolare alla scena del jazz rock sud est asiatico, con alcune uscite che rappresentano altrettanti vertici per gli artisti rappresentati.
“Pesar Klewer” è un esauriente compendio delle capacità del pianista Dwiki Dharmawan con il suo trio (Yaron Stavi e Asaf Sirkis a basso e batteria), in compagnia di alcuni jazzisti (i chitarristi inglesi Mark Wingfield e Nicolas Meier, ed il sassofonista israeliano Gilad Atzmon) e del maestro di percussioni gamelan Aris Daryono. Due cd e undici lunghe tracce che riecheggiano il jazz rock della Mahavisnu Orchestra, accennano al free jazz, ibridano il linguaggio del jazz con stilemi della tradizione indonesiana, ed omaggiano Robert Wyatt con una duplice versione di “Forest” (una affidata alle corde vocali di Boris Savoldelli, l’altra solo strumentale). Il tutto suonato con energia, trasporto e afflato lirico, e condotto dall’approccio magmatico ed avvolgente del leader al pianoforte, nel quale si avvertono echi di Mc Coy Tyner e Chick Corea.
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